VI35955 | Comunicazioni associative
"Il tema del lavoro delle donne deve essere affrontato a 360°, comprendendo quindi anche gli aspetti familiari di cui, di fatto, sono quasi sempre loro a farsi carico, a causa di un’impostazione della nostra società e del nostro welfare che non fornisce alternative.
Se non si imposta la riflessione in questo modo, la situazione attuale non potrà mai essere davvero risolta.
Quasi sempre, infatti, la questione viene affrontata in maniera miope, ovvero unicamente dal punto di vista della conciliazione vita-lavoro, intesa come riduzione dell’orario lavorativo. La conseguenza ovvia di questo atteggiamento è che il salario medio non possa che essere più basso rispetto agli uomini. Ma non perché ci sia una disparità, bensì perché le donne sono spesso nelle condizioni di dover lavorare meno ore e, anche per questo, spesso costrette a rifiutare posizioni più remunerative" ha dichiarato la presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia.
"Dobbiamo invece, e non lo dico certo da oggi, mettere le donne che lo desiderano nelle condizioni di poter scegliere di lavorare a tempo pieno o di ricoprire ruoli che necessitano di gestire qualche trasferta od orari poco conciliabili con quelli delle scuole dell’obbligo, per esempio.
Per fare carriera e gestire la vita famigliare è fondamentale, ad esempio, poter accedere ad un orario flessibile al fine di poter essere presenti nei momenti chiave che il lavoro e la famiglia richiedono.
Non basta la disponibilità dell’azienda affinché questo accada. Serve che ci sia una cultura sociale e una famiglia disponibile ad accettare la flessibilità degli orari femminili. Inutile guardare solo al datore di lavoro. Quando le scuole sono chiuse o quando c’è bisogno di assistenza famigliare, è sempre compito delle donne occuparsi della famiglia.
Ma bisogna fare attenzione perché la sacrosanta volontà di gestirsi la famiglia diventa penalizzante se non capiamo che alle donne serve un sistema sociale che incentivi, professionalizzi e sviluppi una rete di aiuti familiari che permettano realmente alle donne di poter gestire il proprio tempo e i propri impegni con flessibilità.
In questo senso, credo sia urgentissimo sviluppare politiche per la famiglia che incentivino l’assunzione in regola di personale per assistenza domestica e familiare (colf, badanti, baby-sitter), sviluppando contratti adeguati e defiscalizzando questo tipo di assunzioni, permettendo quindi rapporti di lavoro qualificati e a costi sostenibili.
Serve un sistema di welfare che sostenga quella donna che ha possibilità di far carriera e ha necessità di dedicare molte ore al lavoro. Le donne, in definitiva, devono essere messe nelle condizioni di poter sfruttare le opportunità che si sono guadagnate.
Non abbiamo bisogno di soluzioni ipocrite. Sono molte di più le donne che rinunciano a posizioni di responsabilità e ad avere stipendi più elevati rispetto alle donne che non hanno opportunità. Basta ipocrisie: lavoriamo sullo stato sociale con serietà e risolviamo il problema che è attualissimo.
Questa è la base da cui partire per arrivare ad una vera parità sul lavoro ma anche, e lo dico senza retorica, di far progredire questo Paese. Perché alla base della libertà di una persona, donna o uomo che sia, c’è la necessità di non dover dipendere da nessuno, anche dal punto di vista economico.
Spesso invece in Italia le donne, economicamente, dipendono da altri perché non hanno spazio per coltivare e dedicarsi, come gli uomini, alle proprie professioni. E qui entra anche in gioco una più ampia questione culturale perché noi italiani e italiane, in realtà, non siamo pronti a gestire un mondo in cui una donna guadagni di più di un uomo. O, ancor meno, che un uomo faccia un part time per sostenere la famiglia visto che la moglie guadagna più di lui. Io dico sempre: il marito di Angela Merkel non avrebbe mai potuto essere un italiano.
Ancora sul piano culturale, penso alle professioni e, ancor prima, ai percorsi formativi legati alle materie scientifiche, alle cosiddette STEM. Le ragazze che vi accedono sono ancora troppo poche, perché sono considerate “cose da maschi”. Questo è inaccettabile in un paese del G7. E da anni noi, assieme alle altre categorie economiche, promuoviamo nelle scuole e nelle famiglie una nuova concezione di queste professioni.
Proprio in queste settimane, poi, come Confindustria Vicenza stiamo fornendo alle imprese conoscenze e modalità per raggiungere la Certificazione della parità di genere prevista dal Codice delle pari opportunità. Finalmente uno strumento serio, visto che prevede parametri misurabili, che prevede anche delle premialità per le aziende sane che si impegnano a raggiungere ambizioni obiettivi in termini di parità.
Si tratta di un passaggio necessario, ma non sufficiente.
Lo sforzo nel cambiamento deve essere collettivo, come Paese. Su tutte queste cose: cultura condivisa, formazione e welfare famigliare, va fatto un patto sociale. Rinnovo, allora, l’appello che feci alla nostra scorsa assemblea che si tenne poco prima delle elezioni politiche. Un appello che feci davanti alle istituzioni locali e regionali, ma anche a colui che è poi diventato il Ministro delle imprese e del Made in Italy Urso, all’allora leader del PD Letta e all’attuale del Terzo Polo Calenda.
Politica, imprese, sindacati, istituzioni e società civile: lavoriamo insieme per permettere alle donne di essere libere, di non ritrovarsi nelle condizioni di dover sacrificare o famiglia o lavoro" conclude la presidente Dalla Vecchia.
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